Quando, nel 2020, l’EBA pubblicò le linee guida dedicate alla valutazione del merito creditizio da parte delle banche europee, realizzò una rivoluzione che, ancora oggi, non sembra essere stata pienamente colta.
In sintesi, l’EBA stabilì che l’analisi di detto merito non dovesse essere più fondata sui dati storici rivenienti dai bilanci e dalle situazioni infrannuali, ritenendo invece prioritario raccogliere dati previsionali, sulla base di adeguati indici, allo scopo di determinare la capacità di rimborso degli affidamenti, su un orizzonte temporale in linea con la loro durata.
Tra tali indici, l’EBA conferì particolare importanza ai fattori ESG e, soprattutto, ai fattori di rischio climatico e ambientale.
In altri termini, se un’impresa si rivolge a una banca per chiedere un finanziamento, e la banca si avvede che l’impresa, per esempio, opera in un settore direttamente esposto al cambiamento climatico (si pensi all’agricoltura), o che utilizza nel proprio ciclo produttivo un materiale altamente inquinante (che quindi potrebbe essere vietato in un prossimo futuro), devono essere valutare tali elementi per decidere se erogare o meno il finanziamento, e a quali condizioni.
L’obiettivo di tali misure era duplice.
Da un lato si voleva spingere le banche a considerare, nelle proprie valutazioni, nuovi indici di riferimento allo scopo di rafforzarne la qualità del credito e, di conseguenza, il patrimonio.
Dall’altro lato, si voleva attribuire ad esse un ruolo di primo piano per il raggiungimento degli obiettivi climatici, potendo la leva creditizia rappresentare un importante strumento attraverso cui spingere verso la transizione energetica l’intero sistema industriale.
Che la politica dell’EBA non sia mutata – nonostante un certo vento anti-ambientalista sembri ora spirare nelle economie occidentali – lo dimostra il più recente aggiornamento di tali linee guida, reso noto lo scorso 8 gennaio 2025, al fine di adattarle alla nuova direttiva UE di vigilanza sui requisiti patrimoniali per le banche (1619/2024, c.d. CRD VI).
Dall’entrata in vigore delle nuove linee guida (a partire dall’11 gennaio 2026, tranne che per gli enti di piccole dimensioni e non complessi, per i quali si applicheranno al più tardi a partire dall’11 gennaio 2027), le banche non dovranno considerare i rischi legati al solo clima, ma anche quelli connessi alla biodiversità e alla natura nel suo complesso, dovendo essere integrato il tema della sostenibilità in ogni aspetto operativo.
In aggiunta a tali nuove linee guida, lo scorso 16 gennaio 2025 sempre l’EBA ha pubblicato in consultazione (fino al 16 aprile 2025) una bozza di ulteriori linee guida sull’analisi di scenario ESG.
Si tratta, in parole povere, del processo di previsione del valore atteso delle performance patrimoniali, nel medio-lungo periodo, di fronte alle variazioni dovute ai fattori ESG. A partire – anche in questo caso – da quelli climatici.
Tuttavia, nonostante questa importante produzione normativa, l’attenzione delle banche italiane a questi temi risulta ancora oggi troppo timida.
Come hanno evidenziato varie analisi delle autorità di vigilanza (da ultimo, l’occasional paper della Banca d’Italia del 3 febbraio 2025), la conoscenza delle misure prospettiche da parte degli enti è ancora scarsa, e l’approccio del sistema creditizio rimane troppo frammentato.
In verità non è più pensabile che, oggi, una banca eroghi credito alle imprese senza verificare la sostenibilità del loro ciclo produttivo, le fonti energetiche utilizzate e l’impatto del loro costo sul conto economico, la vetustà dei macchinari e dei mezzi eventualmente utilizzati, etc.
In caso contrario, non solo la banca finirebbe per disinteressarsi della transizione energetica, ma rischierebbe di creare un danno al patrimonio proprio e a quello dell’imprenditore, erogando un finanziamento che per via dei rischi climatici e ambientali potrebbe, in futuro, non essere rimborsato.
Pur nel rispetto del principio di proporzionalità, che impone di interpretare le linee guida dell’EBA in maniera meno stringente per le imprese di minori dimensioni, le banche dovranno quindi, già da adesso, applicare questi principi in maniera sempre più penetrante.
Un importante stimolo a questa tendenza dovrà essere, ovviamente, offerto anche dalle autorità di vigilanza bancaria (BCE e Banca d’Italia, a seconda dei casi), le quali saranno sempre più chiamate a pretendere un’applicazione sempre più fedele delle linee guida.